La Chiesa
Correva l’anno 1622 quando l’Università di Brienza, ovvero l’amministrazione cittadina, fece erigere poco fuori dall’abitato una chiesetta rurale dedicata al culto della Vergine Maria, regina angelorum; molto probabilmente per alleviare il carico di sofferenze che quel secolo, il Seicento, sembrava aver destinato all’Italia intera e al Sud di essa in particolare: con carestie, pestilenze, terremoti. E quando i lavori furono terminati, nel 1629, la costruzione era stata impreziosita da un portale rinascimentale in pietra, su cui le maestranze locali avevano inciso lo stemma ed il nome della città, l’antica Burgentiae.
L’interno della Chiesa con soffitto a cassettoni, in buona parte preservato, presenta una navata rettangolare con una imponente balaustra lignea inserita nel vano dell’arco trionfale a delimitare lo spazio del presbiterio.
Ad affrescare la cappella votiva, pensò un grande interprete dei temi dell’iconografia devozionale, il pittore Giovanni de Gregorio detto il Pietrafesa, dall’antico nome della terra di Satriano di Lucania da cui ebbe i natali intorno al 1579.
Il nucleo originario degli affreschi, che si basa su un fastoso impianto decorativo che rievoca i ricercati addobbi cerimoniali dell’epoca, raffigura lungo le pareti della navata momenti della vita di S. Francesco d’Assisi e Sant’Antonio da Padova, mentre sull’arco trionfale e nel presbiterio, presenta temi narrativi ispirati al vecchio e al nuovo Testamento con episodi della vita della Vergine Maria.

Percorso di lettura degli affreschi

Parete della navata di sinistra 
Sant’Antonio da Padova (il miracolo della Visione)
Il miracolo della visione, uno dei temi prediletti della iconografia devozionale, ricorre più volte nella produzione pittorica attestata al Pietrafesa, come ad esempio nel Convento di Sant’Antonio da Padova di Tito. L’impianto scenico di Santa Maria degli Angeli presenta il santo di Lisbona in ginocchio in primo piano rapito dall’estasiante visione del Bambin Gesù. L’episodio narrato risale al 1231. Dopo le fatiche della Quaresima, Antonio ottiene di ritirarsi in preghiera a Camposampiero, vicino Padova, nel luogo che il conte Tiso aveva affidato ai francescani.
Ritratto sullo sfondo, il conte vede sprigionarsi un intenso splendore e, temendo un incendio, spinge la porta e scopre la scena prodigiosa. Riavutosi dall’estasi, il Santo pregherà l’amico di non parlare a nessuno dell’apparizione celeste, cosa che di fatto avverrà soltanto dopo la morte del Santo.

San Biagio Martire
Nell’edicola dipinta che precede l’arco trionfale è ritratto San Biagio, il Santo taumaturgo di origine armena, Vescovo e martire, vissuto fra il III e il IV secolo, venerato sia dalla Chiesa cattolica, che lo celebra il 3 febbraio, che dalla Chiesa ortodossa. Nella scena di Santa Maria degli Angeli è ritratto nell’atto di benedire, mentre ai suoi piedi una giovane e umile donna invoca la sospirata grazia per la guarigione da una malattia della gola su cui il Santo medico estendeva la sua misericordiosa protezione, come anche sulle attività agricole e la salute degli animali. Tutt'oggi san Biagio è invocato dai fedeli mediante il rito della "benedizione della gola", compiuto con due candele incrociate. Sue reliquie sono custodite nella Basilica di Maratea sul monte di San Biagio.



Arco trionfale, lato sinistro 
Immacolata Concezione
Il dipinto presenta l’immagine della Madonna a figura intera ritratta con gli attributi dell’Immacolata, così come la vide e descrisse l’Evangelista Giovanni: “un gran segno apparse nel cielo: una donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”. A partire dal cartiglio sulla testa coronata e poi tutto intorno alla figura della Vergine, il pittore inscrive una serie di icone con simboli e testi che ne celebrano le innumerevoli virtù.

Abside e volta
L’abside è coperta da una volta a botte un tempo interamente affrescata, di cui restano leggibili soltanto alcuni brani. Vi è raffigurata l’incoronazione nella gloria del Paradiso della Vergine Maria da parte di Gesù, alla presenza del Dio benedicente e dello Spirito Santo, con intorno un coro di Angeli festanti che tra le mani espongono ai fedeli le tavole con le lodi alla Regina del Cielo.
La parete frontale dell’abside, sul piano dell’altare, offre ai fedeli l’immagine della Madonna con il Bambino assisa in trono con gli angeli reggicorona, tra i santi apostoli Pietro e Paolo, padri della Chiesa; al di sopra, la lunetta del timpano incornicia i profeti Isaia, Davide e Geremia che preannunciano l’Avvento della Vergine Maria, in un impianto decorativo che rimanda all’architettura di un prònao a quattro colonne in marmo.

La parete di sinistra dell’abside
La nascita di Maria e la presentazione al tempio
Sulla parete sinistra dell’abside, il pittore illustra due momenti topici della vita di Maria Vergine, ovvero la nascita e la presentazione al tempio come dono al Signore. Le scene sono animate da profondo realismo, per parlare con linguaggio comprensibile ai cuori di tutti, come indicato pochi decenni prima dal Concilio di Trento.
Nella prima scena, la levatrice si appresta a calare il corpo di Maria appena venuto alla luce nel catino, dove una giovane versa l’acqua mentre, sulla destra, l’altra assistente di spalle volge lo sguardo verso l’anziano padre, Gioacchino. Sullo sfondo, Anna, la madre, è rappresentata su un letto a baldacchino mentre viene rifocillata da un’ancella che le porge una pietanza corroborante. Alle sue spalle, un’altra giovane donna scende spedita le scale portando con sé la culla per la neonata.
Nel quadro seguente, Gioacchino e Anna accompagnano la piccola Maria che a mani giunte risale la scala del tempio ai cui piedi un invalido con il braccio proteso invoca elemosina. Sulla sommità l’attendono il sommo sacerdote e il ministrante con il libro sacro già aperto per la benedizione, con accanto l’anziana sacerdotessa che le farà da madre spirituale.

La Parete destra dell'abside
Annunciazione di Maria e Visita alla cugina Elisabetta
Sulla parete destra dell’abside la prima scena risulta pressoché illeggibile ma è ragionevole pensare che il tema rappresentato fosse quello dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria (l'annuncio del concepimento verginale e della nascita verginale di Gesù che viene fatto a sua madre Maria e a suo padre Giuseppe dall’Arcangelo Gabriele), seguito dalla visita della Madonna a sua cugina. Elisabetta, colei che dicevano sterile, sta per diventare madre. Maria lo ha saputo da Gabriele, l’inviato di Dio. E poco dopo si mette in viaggio da Nazaret verso Ain Karin – la piccola città della Giudea. Maria è rappresentata piena di preoccupazione per la cugina anziana che incontra ai piedi della scala di casa, perché ha intravisto nel messaggio del cielo una segreta relazione tra il figlio di Elisabetta e il Figlio che Lei stessa porta in grembo. Nel definire la scena, il pittore inserisce anche la figura di Giuseppe aderendo all’idea, suggerita solo da alcuni commentatori, che questi avesse accompagnato Maria sino a destinazione nel faticoso viaggio lungo quasi 140 chilometri. In cima alla scala, si sporge in segno di saluto Zaccaria, il sacerdote ancora impedito nella parola dopo aver ricevuto il messaggio di Dio che annunciava la nascita del figlio, che chiamerà Giovanni. E fu allora che riprese a parlare intonando il Benedictus.

Arco trionfale, lato destro 
Maria Assunta in cielo

L’affresco sul lato destro dell’arcata presenta uno dei brani più autentici e meno sottoposti a rimaneggiamenti dell’intero ciclo pittorico. È la toccante immagine di Maria Assunta in cielo circondata da coppie di angeli, a cui la Chiesa è dedicata. La figura della Vergine levita leggera con lo sguardo proteso verso l’Onnipotente in un’atmosfera di coinvolgente spiritualità, sottolineata dalla presenza di due festosi angeli musicanti. Sulla base, alcuni tratti del paesaggio rupestre della valle di Giosafat, fanno da sfondo al sepolcro scoperchiato con dentro rametti di ulivo, petali e boccioli di rosa a testimoniare l’assunzione di Maria in paradiso in anima e corpo.

La parete destra della navata 
L’incontro a Roma di S. Francesco e San Domenico
Degli affreschi della parete destra della navata, in parte danneggiati, l’unica edicola giunta sino a noi è quella che ritrae l’incontro tra S. Francesco d’Assisi e San Domenico di Guzmán, giunti a Roma presumibilmente sul finire del 1216 per chiedere a Papa Onorio III, di recente elezione, l’approvazione delle Regole dei rispettivi Ordini monastici. I due Santi in primo piano sono affiancati da confratelli mentre, alle loro spalle, il pittore volutamente propone il panorama di San Pietro nella sua veste rinascimentale, con l’obelisco di origine egiziana, spostato nella Piazza del Vaticano per volere di Sisto V nell’estate del 1586, e la cupola michelangiolesca ultimata nel 1590 durante il pontificato di Clemente VIII Aldobrandini.

Cantorìa
La devozione a Santa Maria degli Angeli, che trovò ampia diffusione con S. Francesco d’Assisi, si esprimeva in special modo durante la novena del 2 agosto, con i gruppi di fedeli che arrivavano da Brienza e dagli altri paesi vicini per partecipare ai riti vespertini con suppliche atte ad invocare la protezione e il perdono dei peccati alla Madre celeste, sulle note dell’organo a mantici la cui cantoria in legno modellato in chiave barocca è ancora visibile sul portale d’ingresso della Chiesa.

Lazzaretto e Cappelle

Nel corso dei secoli la struttura è stata ampliata con la costruzione di un lazzaretto per usi civici e di due cappelle funerarie gentilizie che, nell’insieme, costituiscono il complesso di Santa Maria degli Angeli, parte integrante del prestigioso patrimonio monumentale di Brienza, posto sotto tutela dal Ministero dei Beni Culturali e Ambientali sin dal 1993 per la sua rilevanza storico-artistica. L’edificio dell’ex lazzaretto oggi ospita il MuLabo, Museo Laboratorio delle arti e del paesaggio creato dalla Cooperativa sociale Basilicata Culture.


Il Pietrafesa
Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa, dall'antico nome di Satriano di Lucania, suo paese d'origine, nacque intorno al 1579 e morì nel 1656. È considerato fra i pittori più eminenti della cultura artistica lucana del XVII secolo.
Compì l’apprendistato a Napoli presso la bottega di Fabrizio Santafede, fra il 1595 e il 1601. Le prime opere certe risalenti al 1608-09 sono la Pietà della chiesa di S. Francesco e la Pala della Madonna dei Mali per la chiesa della Ss. Trinità, entrambe a Potenza.
Pietrafesa è presente nel cantiere per la complessa decorazione del chiostro del Convento di Sant’Antonio da Padova a Tito, tra il 1606 e il 1607, un’opera ben conservata che testimonia di un progetto molto articolato realizzato insieme a Girolamo Todisco, pittore di Abriola che con Giovanni de Gregorio e Pietro Antonio Ferro contribuirà più d’altri a diffondere il vasto e didattico repertorio iconografico della Controriforma, rispondendo ad una committenza locale composta prevalentemente da ordini religiosi.
Al 1622 risalgono le decorazioni della cappella francescana di S. Maria degli Angeli a Brienza e al 1626 l’edicola della cappella di S. Giovanni fuori Satriano di Lucania, che reca la firma dell’autore; gli sono attribuiti alcuni brani della decorazione del convento di S. Antonio a Balvano e gli affreschi della chiesa dell’Annunziata di Cancellara. Fra le opere di maggior rilievo troviamo la Donazione della stola a S. Ildefonso nella chiesa di S. Maria Maggiore di Abriola, firmata e datata 1620, il polittico dell'Immacolata (1633) per la chiesa cappuccina di Piaggine e la Deposizione della chiesa del Convento di Santa Croce a Moliterno (1640 ca.). Il Pietrafesa morì intorno al 1656 e fu sepolto nella chiesa parrocchiale di Pignola. Fra i numerosi assistenti e seguaci si ricordano Francesco Guma da Pignola e Girolamo Bresciano.

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